L’ISTITUTO COMPRENSIVO 11 E L’ITET CAPITINI DI PERUGIA INSIEME PER RISCOPRIRE LA STORIA DEGLI INTERNATI MILITARI ITALIANI (IMI) ATTRAVERSO IL RICORDO DEI DISCENDENTI E IL LAVORO DEGLI STORICI. 25 e 26 marzo 2022.
(articolo integrale da cui è tratta la sintesi pubblicata oggi 28 marzo su Il Messaggero Umbria).
PERUGIA – “Perché hanno detto no?” e anche “Come possiamo noi giovani far tesoro della memoria?”. Sono alcune delle domande che gli studenti dell’Istituto “Capitini” e dell’Istituto comprensivo 11 di Perugia hanno rivolto a Orlando Materassi, presidente dell’Anei, l’Associazione ex internati militari italiani, e a Silvia Pascale, consigliera Anei, ricercatrice storica e docente di Treviso. I due ospiti, nei giorni scorsi, si sono incontrati nell’aula magna dell’istituto “Capitini”, dialogando con gli studenti delle due scuole dirette da Silvio Improta e Isa Settembrini.
Orlando Materassi e Silvia Pascale da anni sono impegnati in un lavoro di ricerca sulle storie di internati militari, promuovendo nelle scuole la conoscenza di un fenomeno che ha riguardato gli antenati di molte famiglie italiane. L’iniziativa, organizzata dai dipartimenti di Lettere delle due scuole e finanziata, tramite Anei, dal Ministero della Difesa e dall’Ambasciata tedesca in Italia è servita a ricordare le storie del toscano Elio Materassi e del veneto Anadage Zerbini. Due soldati che hanno lasciato in eredità un diario, il secondo tramandato dalla madre del giovane mai tornato dalla prigionia.
Tante le domande degli studenti e delle loro docenti, turbati da quanto sta accadendo in Ucraina e colpiti dalle vicende di tali militari che all’indomani dell’armistizio erano letteralmente sbandati. L’esercito italiano non riceveva più informazioni dall’alto e doveva vedersela da solo con gli ex alleati tedeschi. Per la prima volta, quei ventenni educati sotto il fascismo, mandati alla leva obbligatoria di guerra, furono messi di fronte a una libera scelta, preferendo la deportazione alla guerra nazifascista. Così, con altri 650mila finirono nei lager e ai lavori forzati. “Un modo per raccogliere il testimone e trasmetterlo alle nuove generazioni – spiegano gli organizzatori dei due istituti – è fare memoria e studiare la storia del 900 coltivando valori di pace e riconciliazione in Europa e nel Mondo”.
Per approfondire:
Elio Materassi era un soldato toscano che ha fatto ritorno dalla Germania ridotto a 35 chili di peso e che si è potuto fare una famiglia, arrivando alla vecchiaia, raccontando la sua storia ai nipoti. Ha lasciato un monito morale al figlio nel quale racconta del commovente commiato in tedesco,”Auf Wiedersehen” in punto di morte, che ha dato il via all’impegno di ricerca e trasmissione.
Anadage Zerbini ragazzo era veneto, dal nome insolito che ne ha permesso meglio il rintracciamento. Non è tornato dalla prigionia, era finito anziché ai lavori forzati in un programma di esperimenti di eutanasia riservato principalmente a ebrei. La mamma di questo ragazzo è in realtà la protagonista della storia che ha raccontato la pronipote Silvia. Donna che aveva solo il titolo di studio di terza elementare, ma tenace e determinata, mamma Teresa, senza conoscere il tedesco è riuscita a recarsi sulla tomba del figlio, a riportare le spoglie in Italia dopo anni, a stabilire un legame di riconciliazione e amicizia con donne tedesche che avevano perso a loro volta i figli soldati in Italia e che militavano nelle file dell’antinazismo. Ha lasciato anche lei due quaderni scritti a mano, un suo diario finito nelle mani della pronipote e diventato per lei una guida al lavoro di risanamento di un trauma familiare e collettivo come quello della Seconda Guerra Mondiale.
Articolo redato da Mariangela Menghini (IC Perugia 11) e Fabio Nucci (ITET Capitini)